Biblioteca
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La biblioteca Coronini Cronberg, costituita da circa 22.000 volumi si venne costituendo solo a partire dal secondo dopoguerra, assorbendo molti degli sforzi e delle risorse economiche di Guglielmo Coronini, intenzionato a ricostituire la “bella, antica” biblioteca di famiglia andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. I suoi acquisti, presso prestigiose librerie antiquarie di Roma, Firenze Venezia, Milano, Bologna e Trieste, ma anche di Vienna, Salisburgo, Graz e Klagenfurt, si concentrarono principalmente sulle opere dell’avo Rodolfo Coronini, su libri finalizzati alle ricerche sulla storia medievale goriziana, ma anche sull’editoria del Settecento, con una particolare attenzione per le edizioni originali delle opere di Giacomo Casanova. Oltre a incunaboli e cinquecentine, tra cui il Dioscoride di Andrea Mattioli del 1557, e volumi del Sei e del Settecento, la biblioteca annovera una consistente quantità di materiale moderno, che documenta i molteplici interessi di Guglielmo Coronini nei campi più svariati, dalla storia locale, alle materie giuridiche e scientifiche, alla storia dell’arte.Subito dopo la morte del conte la biblioteca fu depositata presso l’Archivio di Stato di Gorizia, dove è ancora collocata e consultabile.

  • Hieronymus Bock, Kreüterbüch..., Strasburgo, Josiam Rihel, 1556, Biblioteca inv.1449
  • Girolamo Ruscelli, Le imprese illustri del signor Ieronimo Ruscelli..., Venezia, Franscesco de Franceschi 1583/1584, Biblioteca inv. 4296
  • Pietro Andrea Mattioli, I Discorsi..., Venezia, Vincenzo Valgrisi e Baldassarre Costantini, 1557
  • Vespasiano Amphiareo, Opera di frate Vespasiano Amphiareo da Ferrara dell'ordine minore conuentuale, nella quale si insegna a scriuere varie sorti di lettere..., Venetia 1555, inv. 8217
  • Giovanni Maria Marusig, Origo venerabilis Congregationis Suffragii Animarum, 1707, manoscritto, Biblioteca inv. 1777

Il manoscritto di Luca Pacioli sul gioco degli scacchi
L’opera più preziosa appartenente alla Biblioteca Coronini Cronberg è senza dubbio il manoscritto sul gioco degli scacchi pervenuto probabilmente attraverso un acquisto di libri effettuato prima del 1950 dal conte Guglielmo Coronini presso una libreria di Venezia, che era stata di proprietà del poeta e bibliofilo friulano Giuseppe Malattia della Vallata. Solo recentemente, tuttavia, nel piccolo volume finemente rilegato in pelle, è stato riconosciuto l’autografo del grande matematico rinascimentale Luca Pacioli (1445c.-1517c.), intitolato De ludo schaccorum, detto Schifanoia. Lo scritto, che nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto essere dedicato alla marchesa di Mantova Isabella d’Este e a suo marito Federico Gonzaga, fu redatto intorno all’anno 1500 e, pur essendo noto attraverso testimonianze documentarie dello stesso Pacioli, era da secoli considerato perduto. L’argomento trattato, la filigrana di fine Quattrocento, la preziosità della copertina, il confronto con altre lettere autografe, rendono l’identificazione pienamente convincente. L’attribuzione a Pacioli, infatti, trova conferma sia nelle caratteristiche grafiche del codice, sottoposto all’esame del noto paleografo Attilio Bartoli Langeli, sia nella lingua del manoscritto che, a giudizio di Enzo Mattesini, docente di Linguistica italiana all’Università di Perugia ed esperto conoscitore del volgare utilizzato in altre opere da Pacioli, non presenterebbe caratteristiche che non possano essere ritenute quelle dell’illustre personaggio.Matematico tra i più insigni del suo tempo, Luca Pacioli nacque a Borgo San Sepolcro (Arezzo) intorno al 1445 e morì (forse a Venezia) nel 1517. Studiò teologia ed entrò nell’Ordine francescano nel 1470.

Il manoscritto di Luca Pacioli sul gioco degli scacchi.

Maestro di aritmetica commerciale e algebra, insegnò a Perugia, a Roma, dove conobbe Leon Battista Alberti, a Napoli, Urbino e Venezia; fu alla corte di Ludovico il Moro (1496-1499), dove strinse amicizia con Leonardo da Vinci, quindi si recò di nuovo a Venezia. La sua opera principale, nata da dotte discussioni tenute alla Corte milanese, è il De divina proportione, un trattato di ispirazione platonica, terminato nel 1497 e fatto stampare successivamente a Venezia (1509). Scrisse, tra l’altro, una Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità (1494), introducendo il metodo contabile della partita doppia, dedicata a Guidobaldo da Montefeltro, e curò l’edizione delle opere di Euclide (pubblicata a Venezia nel 1509).Le quarantotto carte del Manoscritto Coronini, che contengono numerose dimostrazioni pratiche del gioco degli scacchi con le relative indicazioni per la soluzione, sono ottimamente conservate e le figure degli scacchi sono finemente disegnate e colorate in rosso e nero. A tale proposito è bene ricordare che il piacevole manoscritto fu composto intorno all’anno 1500, nel periodo della collaborazione e dell’attività in comune di Pacioli e Leonardo da Vinci. É noto, infatti, che durante il soggiorno milanese tra i due si instaurò un rapporto di profonda amicizia e di reciproca collaborazione: nei manoscritti leonardeschi, infatti, rimangono ancora molte tracce delle lezioni pacioliane sugli Elementi di Euclide, come anche alcune bozze degli splendidi disegni dei poliedri che accompagnano il testo della Divina Proportione, pubblicato a Venezia nel 1509 assieme ad altri due trattati, ma composto attorno al 1498. Quando nel 1499 il re di Francia Luigi XII invase il ducato di Milano, provocando la fuga di Ludovico il Moro, Pacioli e Leonardo ripararono insieme nel dicembre dello stesso anno a Mantova sotto la protezione della marchesa Isabella d’Este e in seguito si trasferirono a Venezia e infine a Firenze. In virtù della nota amicizia e della documentata collaborazione tra Pacioli e Leonardo, fin dal momento del ritrovamento del manoscritto da più parti è stato avanzato il dubbio che nell’esecuzione dei disegni degli scacchi possa essere intervenuta la mano dello stesso Leonardo. Al momento, tuttavia, l’ipotesi non ha trovato alcuna sostanziale conferma da parte della comunità scientifica.